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Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule

Carcinoma tiroideo differenziato (DTC) LENVIMA come monoterapia è indicato negli adulti per il trattamento del carcinoma differenziato della tiroide (Differentiated Thyroid Carcinoma, DTC) (papillare/follicolare/a cellule di Hürthle) progressivo, localmente avanzato o metastatico, refrattario allo iodio radioattivo (Radioactive Iodine, RAI).

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Principi attivi

Composizione di Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule - Che principio attivo ha Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

LENVIMA 4 mg capsule rigide Ogni capsula rigida contiene 4 mg di lenvatinib (come mesilato).LENVIMA 10 mg capsule rigide Ogni capsula rigida contiene 10 mg di lenvatinib (come mesilato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

Eccipienti

Composizione di Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule - Cosa contiene Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Contenuto della capsula Carbonato di calcio Mannitolo Cellulosa microcristallina Idrossipropilcellulosa Idrossipropilcellulosa a bassa sostituzione Talco Involucro della capsula Ipromellosa Titanio biossido (E171) Ossido di ferro giallo (E172) Ossido di ferro rosso (E172) Inchiostro di stampa Gommalacca Ossido di ferro nero (E172) Potassio idrossido Propilenglicole

Indicazioni

Indicazioni terapeutiche - Perchè si usa Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule? A cosa serve?

Carcinoma tiroideo differenziato (DTC) LENVIMA come monoterapia è indicato negli adulti per il trattamento del carcinoma differenziato della tiroide (Differentiated Thyroid Carcinoma, DTC) (papillare/follicolare/a cellule di Hürthle) progressivo, localmente avanzato o metastatico, refrattario allo iodio radioattivo (Radioactive Iodine, RAI). Carcinoma epatocellulare (HCC) LENVIMA come monoterapia è indicato per il trattamento del carcinoma epatocellulare (Hepatocellular Carcinoma, HCC) avanzato o non operabile negli adulti che non hanno ricevuto una precedente terapia sistemica (vedere paragrafo 5.1). Carcinoma dell’endometrio (EC) LENVIMA in associazione a pembrolizumab è indicato in pazienti adulti per il trattamento del carcinoma dell’endometrio (Endometrial Carcinoma, EC) avanzato o ricorrente, che abbiano mostrato progressione della malattia durante o dopo il trattamento precedente con una terapia contenente platino in qualsiasi contesto e che non siano candidati all’intervento chirurgico o alla radioterapia curativi.

Controndicazioni

Quando non deve essere usato Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Allattamento (vedere paragrafo 4.6).

Posologia

Quantità e modalità di assunzione di Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule - Come si assume Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Il trattamento con LENVIMA deve essere iniziato e supervisionato da un operatore sanitario esperto nell’uso di terapie oncologiche. La gestione medica ottimale (trattamento o terapia) di nausea, vomito e diarrea deve essere iniziata prima di un’eventuale sospensione o di una riduzione della dose di lenvatinib; la tossicità gastrointestinale deve essere trattata attivamente, al fine di ridurre il rischio di sviluppare compromissione o insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4). Posologia Se un paziente omette una dose e non può assumerla entro 12 ore, tale dose deve essere saltata e la dose successiva deve essere assunta all’orario di somministrazione abituale. Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o fino a quando non si verifica una tossicità inaccettabile. Cancro differenziato della tiroide (DTC) La dose giornaliera raccomandata di lenvatinib è 24 mg (due capsule da 10 mg e una capsula da 4 mg) una volta al giorno. La dose giornaliera deve essere modificata se necessario, secondo il piano di gestione della dose/tossicità. Aggiustamento della dose e interruzioni per DTC La gestione delle reazioni avverse può richiedere la sospensione della dose, l’aggiustamento della dose o l’interruzione della terapia con lenvatinib (vedere paragrafo 4.4). Le reazioni avverse da lievi a moderate (ad es. di grado 1 o 2) non giustificano in genere la sospensione di lenvatinib, a meno che non risultino intollerabili per il paziente nonostante la gestione ottimale. Le reazioni avverse severe (ad es. di grado 3) o intollerabili richiedono la sospensione di lenvatinib fino al miglioramento della reazione a grado da 0 a 1 o ai valori iniziali. Per le tossicità correlate a lenvatinib (vedere Tabella 4), alla risoluzione/al miglioramento della reazione a grado da 0 a 1 o ai valori iniziali, il trattamento deve essere ripreso a una dose ridotta di lenvatinib, come suggerito nella Tabella 1.

Tabella 1 Modifiche rispetto alla dose giornaliera raccomandata di lenvatinib nei pazienti con DTCa
Livello di dose Dose giornaliera Numero di capsule
Dose giornaliera raccomandata 24 mg per via orale una volta al giorno Due capsule da 10 mg più una capsula da 4 mg
Prima riduzione della dose 20 mg per via orale una volta al giorno Due capsule da 10 mg
Seconda riduzione della dose 14 mg per via orale una volta al giorno Una capsula da 10 mg più una capsula da 4 mg
Terza riduzione della dose 10 mg per via orale una volta al giornoa Una capsula da 10 mg
a: Ulteriori riduzioni della dose devono essere valutate su base individuale, poiché sono disponibili dati limitati per dosi inferiori a 10 mg. Il trattamento deve essere interrotto in caso di reazioni potenzialmente pericolose per la vita (ad es. di grado 4), ad eccezione delle anomalie di laboratorio giudicate non potenzialmente pericolose per la vita, che possono essere gestite secondo le modalità previste per le reazioni severe (ad es. di grado 3). Carcinoma epatocellulare La dose giornaliera raccomandata di lenvatinib è 8 mg (due capsule da 4 mg) una volta al giorno per pazienti con un peso corporeo < 60 kg e 12 mg (tre capsule da 4 mg) una volta al giorno per pazienti con un peso corporeo ≥ 60 kg. Gli aggiustamenti della dose si basano solo sulle tossicità osservate e non sulle variazioni del peso corporeo durante il trattamento. La dose giornaliera deve essere modificata se necessario, secondo il piano di gestione della dose/tossicità. Aggiustamento della dose e interruzione per HCC La gestione di alcune reazioni avverse può richiedere la sospensione della dose, l’aggiustamento della dose o l’interruzione della terapia con lenvatinib. Le reazioni avverse da lievi a moderate (ad es. di grado 1 o 2) non giustificano in genere la sospensione di lenvatinib, a meno che non risultino intollerabili per il paziente nonostante la gestione ottimale. Per le tossicità correlate a lenvatinib, vedere la Tabella 4. I dettagli di monitoraggio, aggiustamento della dose e interruzione sono riportati nella Tabella 2.
Tabella 2 Modifiche rispetto alla dose giornaliera raccomandata di lenvatinib nei pazienti conHCC
Dose iniziale Peso corporeo ≥ 60 kg12 mg (tre capsule da 4 mg per via orale una volta al giorno) Peso corporeo < 60 kg8 mg (due capsule da 4 mg per via orale una volta al giorno)
Tossicità persistenti e intollerabili di grado 2 o 3a
Reazioni avverse Modifiche Dose aggiustatab(Peso corporeo ≥ 60 kg) Dose aggiustatab (Peso corporeo< 60 kg)
Prima comparsa c Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori inizialid 8 mg (due capsule da 4 mg) per via orale una volta al giorno 4 mg (una capsula da 4 mg) per via orale una volta al giorno
Seconda comparsa (stessa reazione o nuova reazione) Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori iniziali d 4 mg (una capsula da 4 mg) per via orale una volta al giorno 4 mg (una capsula da 4 mg) per via orale a giorni alterni
Terza comparsa (stessa reazione o nuova reazione) Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori iniziali d 4 mg (una capsula da 4 mg) per via orale a giorni alterni Interrompere
Tossicità pericolose per la vita (Grado 4): interromperee
a Avviare la gestione medica per nausea, vomito o diarrea prima della sospensione o riduzione della dose.
b Ridurre la dose in successione in base al livello di dose precedente (12 mg, 8 mg, 4 mg o 4 mg a giorni alterni).
c Tossicità ematologica o proteinuria: non è richiesto alcun aggiustamento della dose per la prima comparsa.
d Per la tossicità ematologica, il dosaggio può ricominciare quando si risolve al grado 2; proteinuria, riprendere quando si risolve a un valore inferiore a 2 g/24 ore.
e Escludendo le anomalie di laboratorio ritenute non pericolose per la vita, che devono essere gestite come grado 3.
I gradi si basano sui criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi (CTCAE) del National Cancer Institute (NCI). Carcinoma dell’endometrio (EC) Il dosaggio raccomandato di LENVIMA è 20 mg per via orale una volta al giorno, in associazione a pembrolizumab 200 mg ogni 3 settimane o 400 mg ogni 6 settimane, somministrato come infusione endovenosa nell’arco di 30 minuti, fino alla comparsa di tossicità inaccettabile o di progressione della malattia (vedere paragrafo 5.1). Per ulteriori informazioni sul dosaggio, fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di pembrolizumab. Aggiustamento della dose e interruzione per EC Per le tossicità correlate a lenvatinib, vedere Tabella 4. Quando si somministra LENVIMA in associazione a pembrolizumab, sospendere, ridurre la dose o interrompere LENVIMA come opportuno (vedere Tabella 3). Sospendere o interrompere pembrolizumab in base alle istruzioni riportate nel RCP di pembrolizumab. Non sono raccomandate riduzioni della dose per pembrolizumab.
Tabella 3 Modifiche della dose rispetto alla dose giornaliera raccomandata di lenvatinib nei pazienti con ECa
Dose inizialein associazione a pembrolizumab 20 mg per via orale una volta al giorno (due capsule da 10 mg)
Tossicità persistenti e intollerabili di grado 2 o 3
Reazione avversa Modifica Dose aggiustata
Prima comparsa Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori iniziali 14 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg + una capsula da 4 mg)
Seconda comparsa (stessa reazione o nuova reazione) Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori iniziali 10 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg)
Terza comparsa (stessa reazione o nuova reazione) Sospendere fino a che non si risolve al grado 0-1 o torna ai valori iniziali 8 mg per via orale una volta al giorno (due capsule da 4 mg)
Tossicità pericolose per la vita (grado 4): interrompereb
a Sono disponibili dati limitati per dosi inferiori a 8 mg.
b Il trattamento deve essere interrotto in caso di reazioni pericolose per la vita (ad es. di grado 4), ad eccezione delle anomalie di laboratorio giudicate non pericolose per la vita, che devono essere gestite come reazioni severe (ad es. di grado 3).
 
Tabella 4 Reazioni avverse che richiedono una modifica della dose di lenvatinib
Reazione avversa Severità Azione Ridurre la dose e riprendere lenvatinib
Ipertensione Grado 3 (nonostante una terapia antipertensiva ottimale) Sospendere Si risolve a grado 0, 1 o 2. Vedere linee guida dettagliate nella Tabella 5, paragrafo 4.4.
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento.
Proteinuria ≥ 2 g/24 ore Sospendere Si risolve a meno di 2 g/24 ore.
Sindrome nefrosica ------- Interrompere Non riprendere il trattamento.
Compromissione o insufficienza renale Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1 o torna ai valori iniziali.
Grado 4* Interrompere Non riprendere il trattamento.
Disfunzione cardiaca Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1 o torna ai valori iniziali.
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento.
Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/sindrome della leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) Qualsiasi grado Sospendere Considerare la ripresa del trattamento a una dose ridotta in caso di risoluzione a grado 0-1.
Epatotossicità Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1 o torna ai valori iniziali.
Grado 4* Interrompere Non riprendere il trattamento.
Tromboembolia arteriosa Qualsiasi grado Interrompere Non riprendere il trattamento.
Emorragia Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1.
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento.
Perforazione o fistola gastrointestinale Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1 o torna ai valori iniziali.
Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento.
Fistola non gastrointestinale Grado 4 Interrompere Non riprendere il trattamento.
Prolungamento dell’intervallo QT > 500 ms Sospendere Si risolve a < 480 ms o ritorna ai valori iniziali.
Diarrea Grado 3 Sospendere Si risolve a grado 0-1 o torna ai valori iniziali.
Grado 4 (nonostante la gestione medica) Interrompere Non riprendere il trattamento.
*Le anomalie di laboratorio di grado 4 giudicate non pericolose per la vita possono essere gestite come reazioni severe (ad es. di grado 3).
Popolazioni speciali DTC I pazienti di età 75 anni, di razza asiatica, con co-morbilità (quali ipertensione e compromissione epatica o renale) o di peso corporeo inferiore a 60 kg sembrano avere una ridotta tollerabilità a lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). Tutti i pazienti eccetto quelli con compromissione epatica o renale severa (vedere di seguito) devono iniziare il trattamento alla dose raccomandata di 24 mg; in seguito, la dose deve essere ulteriormente aggiustata sulla base della tollerabilità individuale. HCC I pazienti di età ≥ 75 anni, di razza bianca o di sesso femminile o con compromissione epatica al basale più grave (punteggio Child-Pugh A di 6 rispetto al punteggio di 5) sembrano avere una ridotta tollerabilità a lenvatinib. I pazienti con HCC diversi da quelli con compromissione epatica moderata e severa o compromissione renale severa devono iniziare il trattamento alla dose iniziale raccomandata di 8 mg (due capsule da 4 mg) per un peso corporeo < 60 kg e di 12 mg (tre capsule da 4 mg) per un peso corporeo ≥ 60 kg; in seguito la dose deve essere ulteriormente aggiustata in base alla tollerabilità individuale. Pazienti con ipertensione La pressione arteriosa deve essere ben controllata prima del trattamento con lenvatinib e deve essere monitorata a intervalli regolari durante il trattamento (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Pazienti con compromissione epatica DTC Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della funzionalità epatica nei pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A) o moderata (Child-Pugh B). Nei pazienti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C), la dose iniziale raccomandata è 14 mg una volta al giorno. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. Consultare anche il paragrafo 4.8. HCC Nelle popolazioni di pazienti arruolate nello studio HCC non sono stati necessari aggiustamenti della dose sulla base della funzionalità epatica in quei pazienti che presentavano lieve compromissione epatica (Child-Pugh A). I pochi dati disponibili non sono sufficienti per consentire una raccomandazione di dosaggio per i pazienti con HCC e compromissione epatica moderata (ChildPugh B). In questi pazienti si raccomanda un attento monitoraggio della sicurezza complessiva (vedere paragrafi 4.4 e 5.2). Lenvatinib non è stato studiato in pazienti con severa compromissione epatica (Child-Pugh C) e non è raccomandato per l’uso in tali pazienti. EC Sono disponibili dati limitati per l’associazione di lenvatinib con pembrolizumab in pazienti con compromissione epatica. Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale dell’associazione sulla base della funzionalità epatica nei pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A) o moderata (Child-Pugh B). Nei pazienti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C), la dose iniziale raccomandata di lenvatinib è 10 mg una volta al giorno. Fare riferimento al RCP di pembrolizumab per il dosaggio nei pazienti con compromissione epatica. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. Pazienti con compromissione renale DTC Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della funzionalità renale nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata. Nei pazienti con compromissione renale severa, la dose iniziale raccomandata è 14 mg una volta al giorno. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. I pazienti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati; pertanto, l’uso di lenvatinib in questi pazienti non è raccomandato (vedere paragrafo 4.8). HCC Non sono richiesti aggiustamenti della dose sulla base della funzionalità renale nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata. I dati disponibili non consentono una raccomandazione di dosaggio per i pazienti con HCC e compromissione renale severa. EC Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della funzionalità renale nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata. Nei pazienti con compromissione renale severa, la dose iniziale raccomandata è 10 mg di lenvatinib una volta al giorno. Fare riferimento al RCP di pembrolizumab per il dosaggio nei pazienti con compromissione renale. Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale. I pazienti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati; pertanto, l’uso di lenvatinib in questi pazienti non è raccomandato. Popolazione anziana Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base dell’età. Sono disponibili dati limitati sull’uso in pazienti di età ≥ 75 anni (vedere paragrafo 4.8). Popolazione pediatrica Lenvatinib non deve essere usato nei bambini di età inferiore a 2 anni, a causa dei timori per la sicurezza individuati negli studi sugli animali (vedere paragrafo 5.3). La sicurezza e l’efficacia di lenvatinib nei bambini di età compresa tra 2 e < 18 anni non sono state ancora stabilite (vedere paragrafo 5.1). Non ci sono dati disponibili. Razza Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della razza (vedere paragrafo 5.2). Sono disponibili dati limitati sull’uso in pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica (vedere paragrafo 4.8). Modo di somministrazione Lenvatinib è per uso orale. Le capsule devono essere assunte ogni giorno circa alla stessa ora, con o senza cibo (vedere paragrafo 5.2). Le capsule devono essere ingerite intere con acqua. I caregiver non devono aprire la capsula, al fine di evitare l’esposizione ripetuta al suo contenuto. In alternativa, le capsule di lenvatinib possono essere aggiunte senza romperle né frantumarle a un cucchiaio di acqua o succo di mela in un bicchierino per produrre una sospensione. Le capsule devono essere lasciate nel liquido per almeno 10 minuti e mescolate per almeno 3 minuti per sciogliere gli involucri. La sospensione deve essere ingerita. Dopo aver bevuto, la stessa quantità di acqua o succo di mela (un cucchiaio) deve essere aggiunta al bicchiere e fatta ruotare alcune volte. Il liquido addizionale deve essere ingerito. Per l’uso in associazione a pembrolizumab, consultare il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di pembrolizumab.

Conservazione

Come si conserva Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Non conservare a temperatura superiore ai 25°C. Conservare nel blister originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

Avvertenze

Su Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule è importante sapere che:

Ipertensione Ipertensione è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito ai primi stadi del ciclo di trattamento (vedere paragrafo 4.8). La pressione arteriosa (PA) deve essere ben controllata prima del trattamento con lenvatinib e, se i pazienti hanno una diagnosi di ipertensione, devono essere in terapia antipertensiva con dose stabile da almeno 1 settimana prima di iniziare il trattamento con lenvatinib. Sono state segnalate complicanze gravi di ipertensione scarsamente controllata, compresa dissezione dell’aorta. Il rilevamento precoce e la gestione efficace dell’ipertensione sono importanti per ridurre al minimo la necessità di sospendere la somministrazione e di ridurre la dose di lenvatinib. La somministrazione di antipertensivi deve iniziare non appena si conferma un innalzamento della pressione arteriosa. La PA deve essere monitorata dopo 1 settimana di trattamento con lenvatinib, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese. La scelta del trattamento antipertensivo deve essere personalizzata in base alle circostanze cliniche del paziente e deve seguire la pratica medica standard. Per i soggetti in precedenza normotesi, la monoterapia con una delle classi di antipertensivi deve essere iniziata quando si osserva un innalzamento della pressione arteriosa. Per i pazienti già in terapia antipertensiva, può essere aumentata la dose del farmaco attualmente impiegato, se opportuno, o si devono aggiungere uno o più farmaci di una diversa classe di antipertensivi. Se necessario, gestire l’ipertensione secondo le raccomandazioni contenute nella Tabella 5.

Tabella 5 Gestione raccomandata dell’ipertensione
Livello di pressione arteriosa (PA) Azione raccomandata
PA sistolica da ≥ 140 mmHg fino a < 160 mmHg o PA diastolica da ≥ 90 mmHg fino a < 100 mmHg Continuare lenvatinib e iniziare la terapia antipertensiva, se non già in corso OPPURE Continuare lenvatinib e aumentare la dose della terapia antipertensiva attuale, oppure iniziare una terapia antipertensiva supplementare
PA sistolica ≥ 160 mmHg o PA diastolica ≥ 100 mmHg nonostante una terapia antipertensiva ottimale 1. Sospendere lenvatinib
2. Quando la PA è ≤ 150 mmHg, la PA diastolica è ≤ 95 mmHg e il paziente segue una terapia antipertensiva a dose stabile da almeno 48 ore, riprendere lenvatinib a una dose ridotta (vedere paragrafo 4.2)
Conseguenze potenzialmente letali (ipertensione maligna, deficit neurologico o crisi ipertensiva) È indicato un intervento urgente. Sospendere lenvatinib e istituire una gestione medica appropriata.
Aneurismi e dissezioni arteriose L’uso di inibitori del pathway del VEGF in pazienti con o senza ipertensione può favorire la formazione di aneurismi e/o dissezioni arteriose. Prima di iniziare con lenvatinib, questo rischio deve essere attentamente considerato in pazienti con fattori di rischio quali ipertensione o storia anamnestica di aneurisma. Proteinuria Proteinuria è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito nei primi stadi del ciclo di trattamento (vedere paragrafo 4.8). La proteinuria deve essere monitorata regolarmente. Se si rileva un livello di proteinuria ai test con striscia reattiva ≥ 2+, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2). Casi di sindrome nefrosica sono stati segnalati nei pazienti che usano lenvatinib. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di sindrome nefrosica. Epatotossicità Per il DTC, fra le reazioni avverse a carico del fegato più comunemente segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib vi sono stati aumenti dell’alanina aminotransferasi (ALT), dell’aspartato aminotransferasi (AST) e della bilirubinemia. Insufficienza epatica ed epatite acuta (< 1%; vedere paragrafo 4.8) sono state segnalate nei pazienti con DTC trattati con lenvatinib. I casi di insufficienza epatica sono stati in genere riferiti in pazienti con malattia epatica metastatica progressiva. Nei pazienti con HCC trattati con lenvatinib nello studio REFLECT, le reazioni avverse a carico del fegato inclusa encefalopatia epatica ed insufficienza epatica (comprese le reazioni fatali) sono state segnalate con maggiore frequenza (vedere paragrafo 4.8) rispetto ai pazienti trattati con sorafenib. I pazienti con compromissione epatica più grave e/o maggiore carico di tumore epatico al basale hanno presentato un rischio più elevato di sviluppare encefalopatia epatica ed insufficienza epatica. Encefalopatia epatica si è verificata anche più frequentemente in pazienti di 75 anni o più. Circa la metà degli eventi di insufficienza epatica e un terzo degli eventi di encefalopatia epatica sono stati segnalati in pazienti con progressione della malattia. I dati nei pazienti con HCC e compromissione epatica moderata (Child-Pugh B) sono molto limitati e non sono disponibili attualmente dati sui pazienti con HCC e compromissione epatica severa (ChildPugh C). Poiché lenvatinib viene principalmente eliminato dal metabolismo epatico, è previsto un aumento dell’esposizione nei pazienti con compromissione epatica da moderata a severa. Nell’EC, le reazioni avverse a carico del fegato più comunemente segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib e pembrolizumab includevano aumenti dell’alanina aminotransferasi (ALT) e dell’aspartato aminotransferasi (AST). Insufficienza epatica ed epatite (< 1%; vedere paragrafo 4.8) sono state segnalate nei pazienti con EC trattati con lenvatinib e pembrolizumab. Si raccomanda un attento monitoraggio della sicurezza complessiva nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2). I test di funzionalità epatica devono essere controllati prima dell’inizio del trattamento, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese durante il trattamento. I pazienti con HCC devono essere monitorati per il peggioramento della funzionalità epatica inclusa encefalopatia epatica. In caso di epatotossicità può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2). Insufficienza e compromissione renali Compromissione renale e insufficienza renale sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). Il fattore di rischio primario identificato è stato la disidratazione e/o l’ipovolemia dovute a tossicità gastrointestinale. La tossicità gastrointestinale deve essere gestita attivamente, al fine di ridurre il rischio di sviluppare compromissione renale o insufficienza renale. Può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2). Se i pazienti presentano una compromissione renale severa, la dose iniziale di lenvatinib deve essere aggiustata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2). Diarrea Diarrea è stata segnalata frequentemente nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito ai primi stadi del ciclo di trattamento (vedere paragrafo 4.8). Si deve provvedere sollecitamente alla gestione medica della diarrea al fine di prevenire la disidratazione. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di persistenza di diarrea di grado 4 nonostante la gestione medica. Disfunzione cardiaca Insufficienza cardiaca (< 1%) e riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per rilevare sintomi o segni clinici di scompenso cardiaco, poiché può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2).Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) PRES, nota anche come RPLS, è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib (< 1%; vedere paragrafo 4.8). La PRES è un disturbo neurologico che può presentarsi con cefalea, crisi convulsiva, letargia, confusione, alterazione della funzione mentale, cecità e altri disturbi visivi o neurologici. Può essere presente ipertensione da lieve a severa. Per confermare la diagnosi di PRES è necessaria una risonanza magnetica. Devono essere prese idonee misure per controllare la pressione arteriosa (vedere paragrafo 4.4). Nei pazienti con segni o sintomi di PRES, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2). Tromboembolia arteriosa Casi di tromboembolia arteriosa (evento cerebrovascolare, attacco ischemico transitorio e infarto del miocardio) sono stati segnalati nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). Lenvatinib non è stato studiato nei pazienti che hanno avuto tromboembolia arteriosa nei 6 mesi precedenti e pertanto deve essere usato con cautela in tali pazienti. La decisione di trattamento deve basarsi su una valutazione del rapporto beneficio/rischio del singolo paziente. Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in seguito a un evento trombotico arterioso. Donne in età fertile Le donne in età fertile devono adottare misure contraccettive altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per almeno un mese dopo la fine del trattamento (vedere paragrafo 4.6). Non è noto attualmente se lenvatinib possa aumentare il rischio di eventi tromboembolici se associato a contraccettivi orali. Emorragia Casi gravi di emorragie correlate al tumore, inclusi eventi emorragici con esito fatale, si sono verificati negli studi clinici e sono stati segnalati nell’esperienza post-marketing (vedere paragrafo 4.8). Nella sorveglianza post-marketing, emorragie dell’arteria carotide gravi e fatali sono state osservate con maggiore frequenza nei pazienti con carcinoma anaplastico della tiroide (Anaplastic Thyroid Carcinoma, ATC) rispetto a DTC o ad altri tipi di tumore. Il grado di invasione/infiltrazione tumorale dei principali vasi sanguigni (ad es. arteria carotide) deve essere considerato, a causa del potenziale rischio di emorragia severa associata a riduzione del tumore/necrosi in seguito alla terapia con lenvatinib. Alcuni casi di sanguinamento si sono verificati secondariamente a riduzione del tumore e formazione di fistole, ad es. fistole tracheo-esofagee. Casi di emorragia intracranica fatale sono stati riportati in alcuni pazienti con o senza metastasi cerebrali. È stato segnalato anche sanguinamento in sedi diverse da quella cerebrale (ad es. tracheale, intraddominale, polmonare). È stato segnalato un caso fatale di emorragia di tumore epatico in un paziente con HCC. Lo screening e il successivo trattamento delle varici esofagee nei pazienti con cirrosi epatica deve essere eseguito secondo lo standard di cura prima di iniziare il trattamento con lenvatinib. In caso di sanguinamento, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2, Tabella 3). Perforazione e formazione di fistole gastrointestinali Perforazione o fistole gastrointestinali sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). Nella maggior parte dei casi, perforazione e fistole gastrointestinali si sono verificate in pazienti con fattori di rischio, quali precedente intervento chirurgico o radioterapia. In caso di perforazione o fistola gastrointestinale, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la dose (vedere paragrafo 4.2). Fistola non gastrointestinale I pazienti possono avere un maggiore rischio di sviluppare fistole durante il trattamento con lenvatinib. Casi di formazione o ingrossamento di fistole che coinvolgono aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono stati osservati negli studi clinici e nell’esperienza post-marketing (ad es. fistole tracheali, tracheo-esofagee, esofagee, cutanee e del tratto genitale femminile). Inoltre, è stato riportato pneumotorace con e senza chiara evidenza di fistola broncopleurica. Alcuni casi di fistola e di pneumotorace si sono verificati in associazione a regressione del tumore o necrosi. Un precedente intervento chirurgico e la radioterapia possono essere fattori di rischio concomitanti. Anche le metastasi polmonari possono aumentare il rischio di pneumotorace. La terapia con lenvatinib non deve essere iniziata in pazienti con fistola, per evitarne il peggioramento, e lenvatinib deve essere definitivamente interrotto in pazienti con coinvolgimento del tratto esofageo o tracheobronchiale e qualsiasi fistola di grado 4 (vedere paragrafo 4.2); sono disponibili informazioni limitate sulla sospensione o riduzione della dose nella gestione di altri eventi, ma un peggioramento è stato osservato in alcuni casi, pertanto si richiede cautela. Lenvatinib può influire negativamente sul processo di guarigione delle ferite, come avviene per altri agenti della stessa classe. Prolungamento dell’intervallo QT Un prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato riportato con un’incidenza più elevata nei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto ai pazienti trattati con placebo (vedere paragrafo 4.8). L’elettrocardiogramma deve essere monitorato al basale e regolarmente durante il trattamento in tutti i pazienti, con particolare attenzione per quelli affetti da sindrome congenita del QT lungo, insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie e nei pazienti che assumono medicinali noti per prolungare l’intervallo QT, inclusi antiaritmici di classe Ia e III. Lenvatinib deve essere sospeso nel caso in cui si manifesti un prolungamento dell’intervallo QT > 500 ms. Il trattamento con lenvatinib deve essere ripreso a una dose ridotta una volta che il prolungamento del QTc è ridotto a < 480 ms o ai valori iniziali. Disturbi elettrolitici, quali ipokaliemia, ipocalcemia o ipomagnesiemia, aumentano il rischio di prolungamento del QT; pertanto, le anomalie degli elettroliti devono essere monitorate e corrette in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento. Durante il trattamento deve essere effettuato il monitoraggio periodico degli elettroliti (magnesio, potassio e calcio). I livelli ematici di calcio devono essere monitorati almeno una volta al mese e, in caso di necessità, si deve prevedere un’integrazione di calcio durante il trattamento con lenvatinib. Se necessario, si deve sospendere il trattamento o ridurre la dose di lenvatinib in base alla severità, alla presenza di alterazioni all’ECG e alla persistenza dell’ipocalcemia. Alterazione della soppressione dell’ormone tireostimolante/Disfunzione tiroidea Ipotiroidismo è stato segnalato in pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8). La funzione tiroidea deve essere monitorata prima di iniziare e periodicamente durante tutto il trattamento con lenvatinib. L’ipotiroidismo deve essere trattato secondo la pratica medica standard al fine di mantenere uno stato eutiroideo. Lenvatinib altera la soppressione tiroidea esogena (vedere paragrafo 4.8). I livelli di ormone tireostimolante (TSH) devono essere monitorati a intervalli regolari e la somministrazione di ormone tiroideo deve essere aggiustata al fine di raggiungere livelli di TSH adeguati, secondo l’obiettivo terapeutico del paziente. Complicanze della guarigione delle ferite Non sono stati condotti studi formali sull’effetto di lenvatinib sulla guarigione delle ferite. Compromissione del processo di guarigione delle ferite è stata segnalata in pazienti trattati con lenvatinib. Nei pazienti che devono essere sottoposti a procedure chirurgiche maggiori si deve prendere in considerazione la sospensione temporanea di lenvatinib. L’esperienza clinica relativa ai tempi di ripresa di lenvatinib dopo una procedura chirurgica maggiore è limitata, pertanto la decisione di iniziare nuovamente lenvatinib dopo tale procedura deve essere basata sul giudizio clinico di un’adeguata guarigione delle ferite. Osteonecrosi della mandibola (ONJ) Casi di ONJ sono stati riportati in pazienti trattati con lenvatinib. Alcuni casi sono stati riportati in pazienti che erano stati sottoposti in precedenza o contemporaneamente a una terapia antiriassorbimento osseo e/o con altri inibitori dell’angiogenesi, per es., bevacizumab, inibitori delle tirosin chinasi (TKI) o inibitori di mTOR. Perciò è necessario adottare cautela in caso di somministrazione concomitante o sequenziale di lenvatinib con la terapia antiassorbimento e/o con altri inibitori dell’angiogenesi. Le procedure dentali invasive sono un fattore di rischio identificato. Prima del trattamento con lenvatinib, è necessario prendere in considerazione un esame dentale e appropriate cure odontoiatriche. In pazienti sottoposti a terapia precedente o corrente con bifosfonati per via endovenosa, se possibile, dovrebbero essere evitate le procedure dentali invasive (vedere paragrafo 4.8). Popolazioni speciali Sono disponibili dati limitati per i pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica e in pazienti di età ≥ 75 anni. Lenvatinib deve essere utilizzato con cautela in tali pazienti, data la ridotta tollerabilità di lenvatinib nei pazienti asiatici e anziani (vedere paragrafo 4.8). Non sono disponibili dati sull’uso di lenvatinib immediatamente successivo alla terapia con sorafenib o ad altri trattamenti antitumorali e può esserci un rischio potenziale di tossicità additive, a meno che non sia previsto un adeguato periodo di washout tra i trattamenti. Il periodo minimo di washout negli studi clinici è stato di 4 settimane. Pazienti con un ECOG PS ≥ 2 sono stati esclusi dagli studi clinici (eccetto per il carcinoma tiroideo).

Interazioni

Quali medicinali o alimenti possono interagire con Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Effetto di altri medicinali su lenvatinib Agenti chemioterapici La somministrazione concomitante di lenvatinib, carboplatino e paclitaxel non ha avuto un impatto significativo sulla farmacocinetica di queste tre sostanze. Effetto di lenvatinib su altri medicinali Uno studio clinico di interazione farmacologica (DDI) in pazienti oncologici ha mostrato che le concentrazioni plasmatiche di midazolam (un substrato sensibile del CYP3A e della P-gp) non sono state alterate in presenza di lenvatinib. Non si attendono pertanto interazioni farmacologiche significative tra lenvatinib e altri substrati del CYP3A/della P-gp. Contraccettivi orali Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare (vedere paragrafo 4.6).

In gravidanza

Se è in corso una gravidanza, se sospetta o sta pianificando una gravidanza, o se sta allattando con latte materno chiedere consiglio al medico prima di prendereLenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Donne in età fertile Le donne in età fertile devono evitare di iniziare una gravidanza e adottare misure contraccettive altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per almeno un mese dopo la fine del trattamento. Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare. Gravidanza Non ci sono dati relativi all’uso di lenvatinib in donne in gravidanza. Lenvatinib è risultato embriotossico e teratogeno quando è stato somministrato a ratti e conigli (vedere paragrafo 5.3). Lenvatinib non deve essere usato durante la gravidanza se non in caso di assoluta necessità e dopo un’attenta valutazione delle necessità della madre e del rischio per il feto. Allattamento Non è noto se lenvatinib sia escreto nel latte materno. Lenvatinib/metaboliti sono escreti nel latte di ratto (vedere paragrafo 5.3). Il rischio per i neonati/lattanti non può essere escluso, pertanto lenvatinib è controindicato durante l’allattamento con latte materno (vedere paragrafo 4.3).Fertilità Non sono noti gli effetti nell’uomo. Tuttavia, tossicità testicolare e ovarica è stata osservata nei ratti, nei cani e nelle scimmie (vedere paragrafo 5.3).

Sovradosaggio

Cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule?

Le dosi più elevate di lenvatinib clinicamente studiate sono state 32 mg e 40 mg al giorno. Negli studi clinici si sono verificati errori accidentali che hanno comportato la somministrazione di dosi singole comprese tra 40 e 48 mg. Le reazioni avverse al farmaco osservate con più frequenza a queste dosi sono state ipertensione, nausea, diarrea, stanchezza, stomatite, proteinuria, cefalea e aggravamento della PPE. Vi sono state inoltre segnalazioni di sovradosaggio con lenvatinib, che hanno comportato somministrazioni singole pari a 6-10 volte la dose giornaliera raccomandata. Tali casi sono stati associati a reazioni avverse coerenti con il profilo di sicurezza noto di lenvatinib (ossia insufficienza renale e cardiaca), oppure non hanno prodotto reazioni avverse. Sintomi e gestione Non esiste un antidoto specifico per il sovradosaggio di lenvatinib. In caso di sospetto sovradosaggio, lenvatinib deve essere sospeso e deve essere istituita una terapia di supporto appropriata, secondo necessità.

Effetti indesiderati

Quali sono gli effetti collaterali di Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule? - Come tutti i medicinali, Lenvima capsule rigide – 4 mg – capsula rigida – uso orale – blister (poliammide/alluminio/pvc/alluminio) – 30 capsule può causare effetti collaterali, sebbene non tutte le persone li manifestino.

Riassunto del profilo di sicurezza DTC Le reazioni avverse più frequentemente segnalate (verificatesi in ≥ 30% dei pazienti) sono ipertensione (68,6%), diarrea (62,8%), appetito ridotto (51,5%), peso diminuito (49,1%), stanchezza (45,8%), nausea (44,5%), proteinuria (36,9%), stomatite (35,8%), vomito (34,5%), disfonia (34,1%), cefalea (34,1%) e eritrodisestesia palmo-plantare (PPE) (32,7%). Ipertensione e proteinuria tendono a verificarsi ai primi stadi del trattamento con lenvatinib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). La maggior parte delle reazioni avverse di grado da 3 a 4 è comparsa nei primi sei mesi di trattamento, eccetto la diarrea, che si è verificata durante l’intero trattamento, e il peso diminuito, che tendeva a essere cumulativo nel corso del tempo. Le reazioni avverse gravi più importanti sono state insufficienza e compromissione renali (2,4%), tromboembolia arteriosa (3,9%), insufficienza cardiaca (0,7%), emorragia tumorale intracranica (0,7%), PRES/RPLS (0,2%), insufficienza epatica (0,2%) e tromboembolia arteriosa (evento cerebrovascolare (1,1%), attacco ischemico transitorio (0,7%) e infarto del miocardio (0,9%)). In 452 pazienti con DTC refrattario a RAI, la riduzione e la sospensione della dose a causa di una reazione avversa sono state intraprese rispettivamente nel 63,1% e nel 19,5% dei pazienti. Le reazioni avverse che hanno più comunemente comportato riduzioni della dose (in ≥ 5% dei pazienti) sono state ipertensione, proteinuria, diarrea, stanchezza, PPE, peso diminuito e appetito ridotto. Le reazioni avverse che hanno più comunemente comportato l’interruzione di lenvatinib sono state proteinuria, astenia, ipertensione, incidente cerebrovascolare, diarrea ed embolia polmonare. HCC Le reazioni avverse più frequentemente segnalate (verificatesi in ≥ 30% dei pazienti) sono ipertensione (44,0%), diarrea (38,1%), appetito ridotto (34,9%), stanchezza (30,6%) e peso diminuito (30,4%). Le reazioni avverse gravi più importanti sono state insufficienza epatica (2,8%), encefalopatia epatica (4,6%), emorragia da varici esofagee (1,4%), emorragia cerebrale (0,6%), eventi tromboembolici arteriosi (2,0%) incluso infarto del miocardio (0,8%), infarto cerebrale (0,4%) e incidente cerebrovascolare (0,4%) e insufficienza/compromissione renale (1,4%). Si è riscontrata una maggiore incidenza di riduzione della conta dei neutrofili nei pazienti con HCC (8,7% con lenvatinib rispetto ad altri tipi di tumore non HCC (1,4%)), che non è risultata associata a infezione, sepsi o peritonite batterica. In 496 pazienti con HCC, sono state adottate la modifica della dose (sospensione o riduzione) e l’interruzione in seguito a reazione avversa nel 62,3% e nel 20,2% dei pazienti, rispettivamente. Le reazioni avverse che hanno più comunemente comportato modifiche della dose (nel ≥ 5% dei pazienti) sono state appetito ridotto, diarrea, proteinuria, ipertensione, stanchezza, PPE e riduzione della conta piastrinica. Le reazioni avverse che hanno più comunemente comportato la sospensione di lenvatinib sono state encefalopatia epatica, stanchezza, aumento della bilirubinemia, proteinuria ed insufficienza epatica. EC La sicurezza di lenvatinib in associazione a pembrolizumab è stata valutata in 530 pazienti con EC avanzato, trattati con 20 mg di lenvatinib una volta al giorno e 200 mg di pembrolizumab ogni 3 settimane. Le reazioni avverse più comuni (verificatesi in ≥ 20% dei pazienti) sono state ipertensione (63%), diarrea (57%), ipotiroidismo (56%), nausea (51%), appetito ridotto (47%), vomito (39%), stanchezza (38%), peso diminuito (35%), artralgia (33%), proteinuria (29%), stipsi (27%), cefalea (27%), infezione delle vie urinarie (27%), disfonia (25%), dolore addominale (23%), astenia (23%), eritrodisestesia palmo-plantare (23%), stomatite (23%), anemia (22%) e ipomagnesemia (20%). Le reazioni avverse severe più comuni (verificatesi in ≥ 5% dei pazienti) (grado ≥ 3) sono state ipertensione (37,2%), peso diminuito (9,1%), diarrea (8,1%), aumento della lipasi (7,7%), appetito ridotto (6,4%), astenia (6%), stanchezza (6%), ipokaliemia (5,7%), anemia (5,3%) e proteinuria (5,1%). L’interruzione di lenvatinib a causa di una reazione avversa si è verificata nel 30,6% dei pazienti e l’interruzione sia di lenvatinib sia di pembrolizumab si è verificata nel 15,3% dei pazienti. Le reazioni avverse più comuni (verificatesi in ≥ 1% dei pazienti) che hanno determinato l’interruzione di lenvatinib sono state ipertensione (1,9%), diarrea (1,3%), astenia (1,3%), appetito ridotto (1,3%), proteinuria (1,3%) e peso diminuito (1,1%). La sospensione della dose di lenvatinib a causa di una reazione avversa si è verificata nel 63,2% dei pazienti. La sospensione della dose di lenvatinib e pembrolizumab a causa di una reazione avversa si è verificata nel 34,3% dei pazienti. Le reazioni avverse più comuni (verificatesi in ≥ 5% dei pazienti) che hanno determinato la sospensione di lenvatinib sono state ipertensione (12,6%), diarrea (11,5%), proteinuria (7,2%), vomito (7%), stanchezza (5,7%) e appetito ridotto (5,7%). La riduzione della dose di lenvatinib a causa di reazioni avverse si è verificata nel 67,0% dei pazienti. Le reazioni avverse più comuni (verificatesi in ≥ 5% dei pazienti) che hanno determinato una riduzione della dose di lenvatinib sono state ipertensione (16,2%), diarrea (12,5%), eritrodisestesia palmo-plantare (9,1%), stanchezza (8,7%), proteinuria (7,7%), appetito ridotto (6,6%), nausea (5,5%), astenia (5,1%) e peso diminuito (5,1%). Tabella delle reazioni avverse Il profilo di sicurezza di lenvatinib come monoterapia è basato su dati provenienti da 452 pazienti con DTC e 496 pazienti con HCC, consentendola caratterizzazione solo delle reazioni avverse comuni da farmaco nei pazienti con DTC e HCC. Le reazioni avverse riportate in questo paragrafo sono basate sui dati di sicurezza di pazienti sia con DTC sia con HCC (vedere paragrafo 5.1). Il profilo di sicurezza di lenvatinib come terapia di associazione è basato sui dati provenienti da 530 pazienti con EC trattati con lenvatinib in associazione a pembrolizumab (vedere paragrafo 5.1). Le reazioni avverse osservate negli studi clinici in relazione a DTC, HCC ed EC e segnalate nell’uso post-marketing di lenvatinib sono elencate nella Tabella 6. La categoria di frequenza delle reazioni avverse rappresenta la stima più conservativa della frequenza delle popolazioni individuali. Le reazioni avverse note che si verificano con lenvatinib o i componenti della terapia di associazione somministrati da soli possono verificarsi durante il trattamento con questi medicinali somministrati in associazione, sebbene tali reazioni non siano state segnalate negli studi clinici condotti sulla terapia di associazione. Per ulteriori informazioni sulla sicurezza di lenvatinib somministrato in associazione, fare riferimento all’RCP del rispettivo componente della terapia di associazione (pembrolizumab). La frequenza è definita come: • Molto comune (≥ 1/10) • Comune (≥ 1/100, < 1/10) • Non comune (≥ 1/1.000, < 1/100) • Raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000) • Molto raro (<1/10.000) • Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili) All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine di gravità decrescente.

Tabella 6 Reazioni avverse segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib§
Classificazione per sistemi e organi Lenvatinib come monoterapia In associazione a pembrolizumab
(terminologia MedDRA)
Infezioni ed infestazioni
Molto comune Infezione delle vie urinarie Infezione delle vie urinarie
Non comune Ascesso perineale Ascesso perineale
Patologie del sistema emolinfopoietico
Molto comune Trombocitopeniaa,‡ Linfopeniaa,‡ Leucopeniaa,‡ Neutropeniaa,‡ Trombocitopeniaa,‡ Linfopeniaa,‡ Leucopeniaa,‡ Neutropeniaa,‡ Anemia
Non comune Infarto della milza 
Patologie endocrine 
Molto comune Ipotiroidismo Aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante*,‡ Ipotiroidismo Aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante* Ipertiroidismo
Disturbi del metabolismo e della nutrizione 
Molto comune Ipocalcemia*,‡ Ipokaliemia‡ Ipercolesterolemiab,‡ Ipomagnesiemiab,‡ Peso diminuito Appetito ridotto Ipocalcemia*,‡ Ipokaliemia‡ Ipercolesterolemiab,‡ Ipomagnesemiab,‡ Peso diminuito Appetito ridotto
Comune Disidratazione Disidratazione
Disturbi psichiatrici 
Molto comune Insonnia 
Comune  Insonnia
Patologie del sistema nervoso 
Molto comune Capogiro Cefalea Disgeusia Capogiro Cefalea Disgeusia
Comune Accidente cerebrovascolare† 
Non comune Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile Monoparesi Attacco ischemico transitorio Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile Accidente cerebrovascolare† Monoparesi Attacco ischemico transitorio
Patologie cardiache 
Comune Infarto del miocardioc,† Insufficienza cardiaca Prolungamento dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma Riduzione della frazione di eiezione Prolungamento dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma
Non comune  Infarto del miocardioc,† Insufficienza cardiaca Riduzione della frazione di eiezione
Patologie vascolari 
Molto comune Emorragiad, *,† Ipertensionee,* Ipotensione Emorragiad, *,† Ipertensionee,*
Comune  Ipotensione
Non nota Aneurismi e dissezioni arteriose
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche 
Molto comune Disfonia Disfonia
Comune Embolia polmonare† Embolia polmonare†
Non comune Pneumotorace Pneumotorace
Patologie gastrointestinali 
Molto comune Diarrea Dolori addominali e gastrointestinalif Vomito Nausea Infiammazione oraleg Dolore oraleh Stipsi Dispepsia Bocca secca Aumento della lipasi‡ Aumento dell’amilasi‡ Diarrea Dolori addominali e gastrointestinalif Vomito Nausea Infiammazione oraleg Dolore oraleh Stipsi Bocca secca Aumento della lipasi Aumento dell’amilasi‡
Comune Fistola anale Flatulenza Pancreatitei Flatulenza Dispepsia
Non comune Pancreatitei Fistola anale
Patologie epatobiliari 
Molto comune Aumento della bilirubinemiaj,*, ‡ Ipoalbuminemiaj, *,‡ Aumento dell’alanina aminotransferasi*,‡ Aumento dell’aspartato aminotransferasi*,‡ Aumento della fosfatasi alcalina nel sangue‡ Aumento della gamma-glutamil transferasi‡ Aumento della bilirubinemiaj, *,‡ Ipoalbuminemiaj,*,‡ Aumento dell’alanina aminotransferasi*, ‡ Aumento dell’aspartato aminotransferasi*, ‡ Aumento della fosfatasi alcalina nel sangue‡
Comune Insufficienza epaticak,*,† Encefalopatia epatical,*,† Anomalie della funzionalità epatica Colecistite Colecistite Anomalie della funzionalità epatica Aumento della gamma-glutamil transferasi
Non comune Danno epatocellulare/epatitem Insufficienza epaticak,*† Encefalopatia epatical,† Danno epatocellulare/epatitem
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo 
Molto comune Eritrodisestesia palmo-plantare Eruzione cutanea Alopecia Eritrodisestesia palmo-plantare Eruzione cutanea
Comune Ipercheratosi Alopecia
Non comune  Ipercheratosi
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Molto comune Dolore dorsale Artralgia Mialgia Dolore alle estremità Dolore muscoloscheletrico Dolore dorsale Artralgia Mialgia Dolore alle estremità
Comune  Dolore muscoloscheletrico
Non comune Osteonecrosi della mandibola 
Patologie renali e urinarie
Molto comune Proteinuria* Creatinina ematica aumentata‡ Proteinuria* Creatinina ematica aumentata‡
Comune Insufficienza renalen, *,† Compromissione renale* Urea ematica aumentata Insufficienza renale n, *,†
Non comune Sindrome nefrosica Compromissione renale* Urea ematica aumentata
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
Molto comune Stanchezza Astenia Edema periferico Stanchezza Astenia Edema periferico
Comune Malessere Malessere
Non comune Guarigione compromessa Guarigione compromessa
Non nota Fistola non gastrointestinale 
§: Le frequenze delle reazioni avverse presentate nella Tabella 6 potrebbero non essere interamente attribuibili al solo lenvatinib, bensì derivare in parte dalla malattia sottostante o da altri medicinali usati in associazione. *: Vedere paragrafo 4.8, Descrizione di reazioni avverse selezionate per un’ulteriore caratterizzazione. †: Comprende casi con esito fatale. ‡: Frequenza basata sui dati di laboratorio. I termini seguenti sono stati combinati: a Trombocitopenia comprende: trombocitopenia e conta delle piastrine diminuita. Neutropenia comprende: neutropenia e conta dei neutrofili diminuita. Leucopenia comprende: leucopenia e conta dei leucociti diminuita. Linfopenia comprende: linfopenia e conta dei linfociti diminuita. b Ipomagnesemia comprende: ipomagnesemia e magnesio ematico diminuito. Ipercolesterolemia comprende: ipercolesterolemia e colesterolo ematico aumentato. c Infarto del miocardio comprende: infarto del miocardio e infarto acuto del miocardio. d Comprende tutti i termini di emorragia. I termini di emorragia che si sono verificati in 5 o più soggetti con DTC sono stati: epistassi, emottisi, ematuria, contusione, ematochezia, sanguinamento gengivale, petecchie, emorragia polmonare, emorragia rettale, presenza di sangue nell’urina, ematoma ed emorragia vaginale. I termini di emorragia che si sono verificati in 5 o più soggetti con HCC sono stati: epistassi, ematuria, sanguinamento gengivale, emottisi, emorragia delle varici esofagee, emorragia delle emorroidi, emorragia della bocca, emorragia rettale ed emorragia del tratto gastrointestinale superiore. Il termine di emorragia che si è verificato in 5 o più soggetti con EC è stato: emorragia vaginale. e Ipertensione comprende: ipertensione, crisi ipertensiva, pressione arteriosa diastolica aumentata, ipertensione ortostatica e pressione arteriosa aumentata. f Dolore addominale e gastrointestinale comprende: fastidio addominale, dolore addominale, dolore addominale inferiore, dolore addominale superiore, dolorabilità dell’addome, fastidio epigastrico e dolore gastrointestinale. g Infiammazione orale comprende: stomatite aftosa, ulcera aftosa, erosione gengivale, ulcerazione gengivale, eruzione vescicolare della mucosa orale, stomatite, glossite, ulcerazione della bocca e infiammazione della mucosa. h Dolore orale comprende: dolore orale, glossodinia, dolore gengivale, fastidio orofaringeo, dolore orofaringeo e fastidio alla lingua. i Pancreatite comprende: pancreatite e pancreatite acuta. j Bilirubina ematica aumentata comprende: iperbilirubinemia, bilirubina ematica aumentata, ittero e bilirubina coniugata aumentata. Ipoalbuminemia comprende: ipoalbuminemia e albumina ematica diminuita. k Insufficienza epatica comprende: insufficienza epatica, insufficienza epatica acuta e insufficienza epatica cronica. l Encefalopatia epatica comprende: encefalopatia epatica, coma epatico, encefalopatia metabolica ed encefalopatia. m Danno epatocellulare ed epatite comprendono: danno epatico da farmaci, steatosi epatica e lesione epatica colestatica. n I casi di insufficienza renale comprendono: insufficienza prerenale acuta, insufficienza renale, insufficienza renale acuta, danno renale acuto e necrosi tubulare renale. o Le fistole non gastrointestinali comprendono casi di fistola insorta in sedi diverse dallo stomaco o dall’intestino, quali fistola tracheale, tracheo-esofagea, esofagea, del tratto genitale femminile e cutanea. Descrizione di reazioni avverse selezionate Ipertensione (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), ipertensione (comprendente ipertensione, crisi ipertensiva, aumento della pressione arteriosa diastolica e aumento della pressione arteriosa) è stata segnalata nel 72,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 16,0% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. Il tempo mediano all’insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 16 giorni. Reazioni di grado 3 o superiore (inclusa 1 reazione di grado 4) si sono verificate nel 44,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 3,8% dei pazienti trattati con placebo. Nella maggior parte dei casi i pazienti si sono ripresi o l’evento si è risolto dopo la sospensione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 13,0% e nel 13,4% dei pazienti. Nell’1,1% dei pazienti, l’ipertensione ha portato all’interruzione definitiva del trattamento. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), ipertensione (compresa ipertensione, aumento della pressione sanguigna, aumento della pressione diastolica e ipertensione ortostatica) è stata segnalata nel 44,5% dei pazienti trattati con lenvatinib e l’ipertensione di grado 3 nel 23,5%. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 26 giorni. La maggior parte dei casi ha avuto un esito di recupero dopo la sospensione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 3,6% e nel 3,4% dei pazienti. Un soggetto (0,2%) ha interrotto lenvatinib a causa di ipertensione. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), ipertensione è stata segnalata nel 65% dei pazienti del gruppo lenvatinib più pembrolizumab. Reazioni di grado 3 o superiore si sono verificate nel 38,4% dei pazienti nel gruppo lenvatinib più pembrolizumab. Il tempo mediano all’insorgenza nei pazienti del gruppo lenvatinib più pembrolizumab è stato di 15 giorni. La sospensione, la riduzione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nell’11,6%, nel 17,7% e nel 2,0% dei pazienti. Proteinuria (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), proteinuria è stata segnalata nel 33,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 3,1% dei pazienti del gruppo trattato con placebo. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 6,7 settimane. Reazioni di grado 3 si sono verificate nel 10,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e in nessuno dei pazienti trattati con placebo. La maggior parte dei casi ha avuto un esito di recupero o risoluzione dopo la sospensione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 16,9% e nel 10,7% dei pazienti. La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nello 0,8% dei pazienti. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), proteinuria è stata segnalata nel 26,3% dei pazienti trattati con lenvatinib e le reazioni di grado 3 si sono verificate nel 5,9% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 6,1 settimane. La maggior parte dei casi ha avuto un esito di recupero dopo la sospensione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 6,9% e nel 2,5% dei pazienti. La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nello 0,6% dei pazienti. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), proteinuria è stata segnalata nel 29,6% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 5,4% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 34,5 giorni. La sospensione, la riduzione e l’ interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nel 6,2%, nel 7,9% e nell’1,2% dei pazienti. Insufficienza e compromissione renali (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), il 5,0% dei pazienti ha sviluppato insufficienza renale e l’1,9% compromissione renale (il 3,1% dei pazienti ha avuto un evento di insufficienza o compromissione renale di grado ≥ 3). Nel gruppo placebo, lo 0,8% dei pazienti ha sviluppato insufficienza o compromissione renale (lo 0,8% era di grado ≥ 3). HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), il 7,1% dei pazienti trattati con lenvatinib ha sviluppato un evento di insufficienza/compromissione renale. Reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nell’1,9% dei pazienti trattati con lenvatinib. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), il 18,2% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab ha sviluppato un evento di insufficienza/compromissione renale. Reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 4,2% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 86,0 giorni. La sospensione, la riduzione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nel 3,0%, nell’1,7% e nell’1,2% dei pazienti. Disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), riduzione della frazione di eiezione/insufficienza cardiaca è stata segnalata nel 6,5% dei pazienti (l’1,5% era di grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib e nel 2,3% del gruppo placebo (nessuno era di grado ≥ 3). HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), disfunzione cardiaca (inclusi insufficienza cardiaca congestizia, shock cardiogeno e insufficienza cardiopolmonare) è stata segnalata nello 0,6% dei pazienti (lo 0,4% era di grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), disfunzione cardiaca è stata segnalata nell’1,0% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nello 0,5% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 112,0 giorni. La riduzione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate entrambe nello 0,2% dei pazienti. Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), vi è stato 1 evento di PRES (grado 2) nel gruppo trattato con lenvatinib, mentre nessuna segnalazione si è avuta nel gruppo placebo. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), si è verificato un evento di PRES (grado 2) nel gruppo trattato con lenvatinib. Tra i 1.823 pazienti trattati con lenvatinib monoterapia negli studi clinici, vi sono stati 5 casi (0,3%) di PRES (lo 0, 2% era di grado 3 o 4), tutti risoltisi dopo la sospensione del trattamento e/o della dose o l’interruzione definitiva del trattamento. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), si è verificato un evento di PRES (grado 1) nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab, per il quale lenvatinib è stato sospeso. Epatotossicità (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate sono state ipoalbuminemia (9,6% lenvatinib vs 1,5% placebo) e aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumento dell’alanina aminotransferasi (7,7% lenvatinib vs 0 placebo), dell’aspartato aminotrasferasi (6,9% lenvatinib vs 1,5% placebo) e bilirubinemia (1,9% lenvatinib vs 0 placebo). Il tempo mediano all’insorgenza delle reazioni epatiche nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 12,1 settimane. Reazioni di natura epatica di grado 3 o superiore (incluso 1 caso di insufficienza epatica di grado 5) si sono verificate nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto allo 0,8% dei pazienti trattati con placebo. Le reazioni di natura epatica hanno comportato sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nel 4,6% e 2,7% dei pazienti e l’interruzione definitiva del trattamento nello 0,4%. Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 3 casi (0,3%) di insufficienza epatica, tutti con esito fatale. Uno si è verificato in un paziente che non presentava metastasi epatiche. Vi è stato anche un caso di epatite acuta in un paziente che non presentava metastasi epatiche. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse di epatotossicità più comunemente segnalate sono state aumento della bilirubinemia (14,9%), aumento di aspartato aminotransferasi (13,7%), aumento dell’alanina aminotransferasi (11,1%), ipoalbuminemia (9,2%), encefalopatia epatica (8,0%), aumento di gamma-glutamiltransferasi (7,8%) e aumento della fosfatasi alcalina nel sangue (6,7%). Il tempo mediano all’insorgenza delle reazioni avverse da epatotossicità è stato di 6,4 settimane. Reazioni di epatotossicità di grado ≥ 3 si sono verificate nel 26,1% dei pazienti trattati con lenvatinib. Insufficienza epatica (compresi eventi fatali in 12 pazienti) si è verificata nel 3,6% dei pazienti (tutti erano di grado ≥ 3). L’encefalopatia epatica (compresi eventi fatali in 4 pazienti) si è verificata nell’8,4% dei pazienti (il 5,5% era di grado ≥ 3). Vi sono stati 17 decessi (3,6%) a causa di eventi di epatotossicità nel braccio di lenvatinib e 4 (0,8%) decessi nel braccio di sorafenib. Reazioni avverse di epatotossicità hanno comportato sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nel 12,2% e nel 7,4% dei pazienti trattati con lenvatinib e all’interruzione definitiva nel 5,5%. Negli studi clinici in cui 1.327 pazienti hanno ricevuto lenvatinib monoterapia in indicazioni diverse da HCC, è stata segnalata insufficienza epatica (compresi eventi fatali) in 4 pazienti (0,3%), danno epatico in 2 pazienti (0,2%), epatite acuta in 2 pazienti (0,2%) e danno epatocellulare in 1 paziente (0,1%).EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), epatotossicità è stata segnalata nel 33,7% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 12,1% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 56,0 giorni. La sospensione, la riduzione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nel 5,2%, nel 3,0% e nell’1,2% dei pazienti. Tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), eventi tromboembolici arteriosi sono stati segnalati nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 2,3% del gruppo placebo. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), sono stati segnalati eventi tromboembolici arteriosi nel 2,3% dei pazienti trattati con lenvatinib. Tra i 1.823 pazienti trattati con lenvatinib monoterapia negli studi clinici, vi sono stati 10 casi (0,5%) di tromboembolia arteriosa (5 casi di infarto del miocardio e 5 casi di evento cerebrovascolare) con esito fatale. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), tromboembolia arteriosa è stata segnalata nel 3,7% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 2,2% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 59,0 giorni. La sospensione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nello 0,2% e nel 2,0% dei pazienti. Emorragia (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), emorragia è stata segnalata nel 34,9% (l’1,9% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 18,3% (il 3,1% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con placebo. Le reazioni che si sono verificate con un’incidenza di ≥ 0,75% superiore al placebo sono state: epistassi (11,9%), ematuria (6,5%), contusione (4,6%), sanguinamento gengivale (2,3%), ematochezia (2,3%), emorragia rettale (1,5%), ematoma (1,1%), emorragia emorroidale (1,1%), emorragia laringea (1,1%), petecchie (1,1%) ed emorragia da tumore intracranico (0,8%). In questo studio, vi è stato 1 caso di emorragia intracranica fatale tra i 16 pazienti che erano stati trattati con lenvatinib e presentavano metastasi dell’SNC al basale. Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 10,1 settimane. Non si sono osservate differenze fra i pazienti trattati con lenvatinib e quelli trattati con placebo nell’incidenza di reazioni gravi (3,4% vs 3,8%), reazioni che hanno comportato l’interruzione anticipata (1,1% vs 1,5%) o reazioni che hanno comportato la sospensione (3,4% vs 3,8%) o la riduzione (0,4% vs 0) della dose. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), emorragia è stata segnalata nel 24,6% dei pazienti e il 5,0% era di grado ≥ 3. Reazioni di grado 3 si sono verificate nel 3,4% dei pazienti, reazioni di grado 4 nello 0,2% e 7 pazienti (1,5%) hanno avuto una reazione di grado 5, comprese emorragia cerebrale, emorragia del tratto gastrointestinale superiore, emorragia intestinale ed emorragia tumorale. Il tempo mediano alla prima insorgenza è stato di 11,9 settimane. Un evento di emorragia ha comportato la sospensione o la riduzione della dose rispettivamente nel 3,2% e nello 0,8% dei pazienti e l’interruzione del trattamento nell’1,7% dei pazienti. In tutti gli studi clinici in cui 1.327 pazienti hanno ricevuto lenvatinib monoterapia per indicazioni diverse da HCC, emorragia di grado 3 o superiore è stata segnalata nel 2% dei pazienti, 3 pazienti (0,2%) hanno avuto un’emorragia di grado 4 e 8 pazienti (0,6%) hanno avuto una reazione di grado 5, inclusi emorragia arteriosa, ictus emorragico, emorragia intracranica, emorragia da tumore intracranico, ematemesi, melena, emottisi ed emorragia tumorale. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), emorragia è stata segnalata nel 24,4% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 3,0% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 65,0 giorni. La sospensione, la riduzione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nell’1,7%, nell’1,2% e nell’1,7% dei pazienti. Ipocalcemia (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), ipocalcemia è stata segnalata nel 12,6% dei pazienti trattati con lenvatinib rispetto a nessun caso nel braccio placebo. Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 11,1 settimane. Reazioni con grado 3 o 4 di gravità si sono verificate nel 5,0% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto a 0 pazienti trattati con placebo. La maggior parte delle reazioni si è risolta dopo il trattamento di supporto, senza sospensione o riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nell’1,5% e nell’1,1% dei pazienti; 1 paziente con ipocalcemia di grado 4 ha interrotto definitivamente il trattamento. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), ipocalcemia è stata riportata nell’1,1% dei pazienti, con reazioni di grado 3 che si sono verificate nel 0,4% dei pazienti. La sospensione della dose di lenvatinib a causa di ipocalcemia si è verificata in un soggetto (0,2%) e non vi sono state riduzioni o interruzioni della dose. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), ipocalcemia è stata segnalata nel 3,9% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nell’1,0% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 148,0 giorni. Non sono state segnalate modifiche della dose di lenvatinib. Perforazione e formazione di fistole gastrointestinali (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), eventi di perforazione o fistola gastrointestinale sono stati segnalati nell’1,9% dei pazienti trattati con lenvatinib e nello 0,8% dei pazienti nel gruppo placebo. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), eventi di perforazione o fistola gastrointestinale sono stati riportati nell’1,9% dei pazienti trattati con lenvatinib. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), eventi di formazione di fistole sono stati segnalati nel 2,5% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 2,5% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 117,0 giorni. L’interruzione di lenvatinib si è verificata nell’1,0% dei pazienti. Eventi di perforazione gastrointestinale sono stati segnalati nel 3,9% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nel 3,0% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 42 giorni. La sospensione e l’interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nello 0,5% e nel 3,0% dei pazienti. Fistole non gastrointestinali (vedere paragrafo 4.4) L’uso di lenvatinib è stato associato a casi di fistole, incluse reazioni con esito fatale. Segnalazioni di fistole che interessavano aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono state osservate in varie indicazioni. Le reazioni sono state riferite in vari punti di rilevazione temporale durante il trattamento, da due settimane a più di 1 anno dall’inizio del trattamento con lenvatinib, con una latenza mediana di circa 3 mesi. Prolungamento dell’intervallo QT (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato segnalato nell’8,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nell’1,5% dei pazienti nel gruppo placebo. L’incidenza di prolungamento dell’intervallo QT maggiore di 500 ms è stata del 2% nel gruppo trattato con lenvatinib, rispetto a nessuna segnalazione nel gruppo placebo. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), il prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato segnalato nel 6,9% dei pazienti trattati con lenvatinib. L’incidenza del prolungamento dell’intervallo QTcF superiore a 500 ms è stata del 2,4%. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), prolungamento dell’intervallo QT è stato segnalato nel 3,9% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nello 0,5% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 115,5 giorni. La sospensione e la riduzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nello 0,2% e nello 0,5% dei pazienti. Aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), l’88% di tutti i pazienti aveva un livello di TSH al basale inferiore o pari a 0,5 mU/l. Nei pazienti con TSH nella norma al basale, un aumento del livello di TSH oltre 0,5 mU/l è stato osservato post-basale nel 57% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 14% dei pazienti trattati con placebo. HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), l’89,6% dei pazienti aveva un livello di TSH basale inferiore al limite superiore della norma. L’elevazione del TSH al di sopra del limite superiore della norma è stata osservata dopo il basale nel 69,6% dei pazienti trattati con lenvatinib. EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), ipotiroidismo è stato segnalato nel 68,2% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e le reazioni di grado ≥ 3 si sono verificate nell’1,2% dei pazienti. Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 62,0 giorni. La sospensione e la riduzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nel 2,2% e nello 0,7% dei pazienti. TSH ematico aumentato è stato segnalato nel 12,8% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab senza reazioni di grado ≥ 3 segnalate dai pazienti. La sospensione della dose si è verificata nello 0,2% dei pazienti. Diarrea (vedere paragrafo 4.4) DTC Nello studio pivotal di fase 3 SELECT (vedere paragrafo 5.1), diarrea è stata segnalata nel 67,4% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib (il 9,2% era di grado ≥ 3) e nel 16,8% dei pazienti nel gruppo placebo (nessuno era di grado ≥ 3). HCC Nello studio di fase 3 REFLECT (vedere paragrafo 5.1), diarrea è stata segnalata nel 38,7% dei pazienti trattati con lenvatinib (il 4,2% era di grado ≥ 3) EC Nello studio di fase 3 309 (vedere paragrafo 5.1), diarrea è stata segnalata nel 54,2% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab (7,6% di grado ≥ 3). La sospensione, la riduzione e l’ interruzione della dose di lenvatinib si sono verificate rispettivamente nel 10,6%, nell’11,1% e nell’1,2% dei pazienti. Popolazione pediatrica Non sono disponibili dati clinici in questa popolazione (vedere paragrafo 4.2). Altre popolazioni speciali Anziani DTC I pazienti di età ≥ 75 anni hanno avuto una maggiore probabilità di manifestare ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, appetito ridotto e disidratazione. HCC I pazienti di età ≥ 75 anni hanno avuto una maggiore probabilità di manifestare ipertensione, proteinuria, appetito ridotto, astenia, disidratazione, capogiri, malessere, edema periferico, prurito ed encefalopatia epatica. L’incidenza di encefalopatia epatica è stata superiore al doppio nei pazienti di età ≥ 75 anni (17,2%) rispetto a quelli < 75 anni (7,1%). L’encefalopatia epatica tendeva ad essere associata a caratteristiche avverse della malattia al basale o all’uso di medicinali concomitanti. Anche gli eventi tromboembolici arteriosi si sono verificati con un aumento dell’incidenza in questa fascia di età. EC I pazienti di età ≥ 75 anni hanno avuto una maggiore probabilità di manifestare infezioni delle vie urinarie e ipertensione di grado ≥ 3 (aumento ≥ 10% rispetto ai pazienti di età < 65 anni). Sesso DTC Le donne hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione (inclusa ipertensione di grado 3 o 4), proteinuria e PPE, mentre gli uomini hanno avuto una più elevata incidenza di riduzione della frazione di eiezione e di perforazione e formazione di fistola gastrointestinale. HCC Le donne hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione, stanchezza, prolungamento del QT all’ECG e alopecia. Gli uomini hanno avuto una più elevata incidenza (26,5%) di disfonia rispetto alle donne (12,3%), peso diminuito e riduzione della conta piastrinica. Gli eventi di insufficienza epatica sono stati osservati solo in pazienti di sesso maschile. Origine etnica DTC Rispetto ai pazienti caucasici, i pazienti asiatici hanno avuto una più elevata (≥ 10% di differenza) incidenza di edema periferico, ipertensione, stanchezza, PPE, proteinuria, stomatite, trombocitopenia e mialgia; mentre i pazienti caucasici hanno avuto una più elevata incidenza di diarrea, peso diminuito, nausea, vomito, costipazione, astenia, dolore addominale, dolore alle estremità e bocca secca. Rispetto ai pazienti caucasici, una percentuale più ampia di pazienti asiatici ha avuto una riduzione della dose di lenvatinib. Il tempo mediano alla riduzione della prima dose e la dose giornaliera media assunta erano più bassi nei pazienti asiatici rispetto ai pazienti caucasici. HCC Rispetto ai pazienti caucasici, i pazienti asiatici hanno avuto una più elevata incidenza di proteinuria, riduzione della conta dei neutrofili, riduzione della conta piastrinica, riduzione della conta leucocitaria e PPE, mentre i pazienti caucasici hanno presentato una maggiore incidenza di stanchezza, encefalopatia epatica, danno renale acuto, ansia, astenia, nausea, trombocitopenia e vomito. EC Rispetto ai pazienti caucasici, i pazienti asiatici hanno avuto una più elevata (≥ 10% di differenza) incidenza di anemia, malessere, conta dei neutrofili diminuita, stomatite, conta delle piastrine diminuita, proteinuria e PPE, mentre i pazienti caucasici hanno avuto una più elevata incidenza di infiammazione della mucosa, dolore addominale, diarrea, infezione delle vie urinarie, peso diminuito, ipomagnesemia, capogiro, astenia e stanchezza. Ipertensione al basale DTC I pazienti con ipertensione al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione, proteinuria, diarrea e disidratazione di grado 3 o 4 e hanno manifestato più casi gravi di disidratazione, ipotensione, embolia polmonare, versamento pleurico maligno, fibrillazione atriale e sintomi gastrointestinali (dolore addominale, diarrea, vomito). Compromissione epatica DTC I pazienti con compromissione epatica al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione e PPE e una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, astenia, stanchezza e ipocalcemia, rispetto ai pazienti con funzionalità epatica normale. HCC I pazienti con un punteggio basale di Child-Pugh (CP) pari a 6 (circa il 20% dei pazienti nello studio REFLECT) hanno presentato una maggiore incidenza di appetito ridotto, stanchezza, proteinuria, encefalopatia epatica ed insufficienza epatica rispetto ai pazienti con un punteggio CP basale di 5. Anche eventi di epatotossicità ed eventi di emorragia si sono verificati con un’incidenza più elevata nei pazienti con punteggio CP di 6 rispetto ai pazienti con punteggio CP di 5. Compromissione renale DTC I pazienti con compromissione renale al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, stanchezza, stomatite, edema periferico, trombocitopenia, disidratazione, prolungamento del QT, ipotiroidismo, iponatriemia, aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante e polmonite, rispetto ai soggetti con funzionalità renale normale. Questi pazienti hanno avuto inoltre un’incidenza più elevata di reazioni renali e una tendenza verso un’incidenza più elevata di reazioni epatiche. HCC I pazienti con compromissione renale al basale hanno presentato una maggiore incidenza di stanchezza, ipotiroidismo, disidratazione, diarrea, appetito ridotto, proteinuria ed encefalopatia epatica. Questi pazienti hanno avuto anche una maggiore incidenza di reazioni renali ed eventi tromboembolici arteriosi. Pazienti con peso corporeo < 60 kg DTC I pazienti con basso peso corporeo (< 60 kg) hanno avuto un’incidenza più elevata di PPE, proteinuria, ipocalcemia e iponatriemia di grado 3 o 4 e una tendenza verso una più elevata incidenza di diminuzione dell’appetito di grado 3 o 4. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

Codice AIC

044200018

Data di pubblicazione

28-01-2023

Categorie farmaco

Citostatici

Sostanza

Lenvatinib mesilato

Produttore

Eisai srl

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